scuola di teatro

esercizi di tecnica psicoscenica

“Studio Zagreus- scuola di Arti Sceniche “ Direttore artistico della scuola dal 2013. Nello Studio si pratica il metodo elaborato dal Maestro Alessandro Fersen per l’immedesimazione dell’attore nella sua parte. Il metodo, che Colli apprese nei corsi di Fersen, è ancora oggi praticamente applicato. La tecnica psico-scenica  segue due strade, quella dell’abbandono, che fa riferimento ad un teatro delle origini,  rituale, ed esoterico, e quella del controllo, che nasce da un’analisi approfondita dei testi da rappresentare.

 

Le iniziative di “Zagreus” perseguono una ricerca, elaborata nel tempo, che è anche un approccio conoscitivo alla vita teatrale, valido non solo per l’attore, ma per tutti quelli che sono interessati a percorrere dentro sé stessi un percorso di autoconoscenza.

Il metodo

“Zagreus” propone un metodo elaborato da Marco Colli, che tiene ben presente la tecnica psicoscenica dell’attore di Alessandro Fersen . Colli , infatti, è stato a lungo allievo e collaboratore di Fersen nel suo storico Studio di Arti Sceniche. La tecnica psicoscenica dell’abbandono e del controllo di matrice ferseniana, non dimentica tutti gli apporti provenienti da altre discipline, quali la musica, il canto, il mimo e la danza. C’è un controllo che l’attore deve esercitare su sé stesso, sia per quanto riguarda lo stare in scena, il relazionarsi con gli altri attori e col pubblico, sia sulla consapevolezza dell’uso della propria voce, di tutte le modalità e le possibilità del suo impiego, attraverso i toni, i ritmi ed i volumi. Questo controllo, però, non dovrà soffocare la libera espressione delle emozioni. Soltanto quando l’attore si fa tramite, quando riesce a partecipare allo spettatore le emozioni che vive dentro sé stesso, si ottiene un evento teatrale, un autentico contatto, che nasce e si manifesta lì dove nasce ogni evento teatrale, nell’interiorità dell’uomo.

Controllo e abbandono 

Controllo ed abbandono dovranno determinare un vero e proprio viaggio all’interno di noi stessi, alla ricerca di una memoria comune, superindividuale, ancestrale, ferina. In questo territorio comune, ritrovato scendendo in noi stessi ed oltre noi stessi, ha luogo la genesi teatrale. Abbandono e controllo, attraverso tecniche che sono allo stesso tempo psicologiche e sceniche, così l’attore intraprenderà un cammino che potenzierà  la sua attitudine artistica a diventare altro, un altro.

La tecnica dell’abbandono si articola attraverso una serie di esercizi.

  • La reminiscenza (uno sfondo musicale asseconderà l’abbandono emotivo);
  • L’immedesimazione collettiva (collettività di emozioni appuntate sullo stesso tema);
  • L’evocazione sensoriale;
  • L’improvvisazione attiva;
  • Il monologo improvviso;
  • L’improvvisazione parlata;
  • Il rapporto emotivo con l’attrezzo (che si ricollega alla manipolazione rituale dei simboli scenici);

    esercizi con l’attrezzo

Proprio dal rapporto emotivo con l’attrezzo e da un ulteriore esercizio,  il rapporto –  gioco con l’attrezzo neutro,  ha origine il  mnemodramma. Per controllo s’intende qualcosa che non soffochi la libera espressione delle emozioni. – La necessità del controllo deve dare nerbo alla vita scenica, il controllo psichico esiste ed agisce in tutti i cerimoniali della ritualità e della teatralità primitiva. L’intensità dell’abbandono non contraddice la necessaria presenza del controllo nella recitazione.

La tecnica del controllo si articola attraverso una serie di esercizi:

  • L’improvvisazione regolata;
  • L’improvvisazione composita;
  • La tensione reciproca fra i partners;
  • La stenografia scenica (tale stenografia, costituita da una sessantina di segni da apporre alle battute, si riferisce a tutte  le possibilità di impiego della voce  suddivise nelle tre categorie  della tonalità, del ritmo e del volume);

L’obiettivo principale è attrarre e coinvolgere i giovani, avvicinarli ad un certo tipo di teatro. Tenendo conto delle lezioni fondamentali di Stanislavskij, di Lee Strasberg, dello stesso Fersen, Colli insegue una vocazione teatrale che si esaudisce solo ritrovando una dimensione perduta da ricercare dentro di noi. Un teatro ontologico, molto distante dal teatro dell’apparenza e dell’apparire che va in scena oggi. Nel perseguire questo modello Marco segue la parola del padre, il filosofo Giorgio Colli, che ha scritto:

“ La memoria nel teatro deve raggiungere una realtà superindividuale, al di là del concetto, solo così l’azione teatrale diventerà spettacolo dionisiaco, come nella tragedia greca, un’allucinazione del coro”.

 Fra cinema e teatro

Nel metodo di recitazione, adottato da Marco Colli,  uno spazio particolare sarà dedicato alla recitazione dell’attore nel cinema. Si seguiranno le tecniche d’immedesimazione nel personaggio e quelle della memoria emotiva, due direttrici importanti della prima lezione di Stanislavskij, diventati i capisaldi del lavoro dell’attore dell’Actors Studio di Strasberg. In questo caso l’abbandono di sé avviene, paradossalmente, attraverso sé stessi, nella ricerca di ricordi personali, indispensabili alla costruzione del personaggio, e nell’utilizzo della psicanalisi come lettura delle proprie pulsioni. Ricercare e costruire un’altra interiorità alternativa e funzionale al personaggio che si interpreta, partendo da sé stessi, usando come materiale i propri ricordi, il proprio subconscio.

allieva durante le prove del saggio il “Girotondo” di Schnitzler

Abbandonarsi, ma essere al contempo coscienti di come l’obiettivo della macchina da presa ti inquadrerà, come riprodurrà di te un immagine altra, come scaverà dentro di te facendo emergere qualcosa che tu stesso non conosci o non riconosci. Questa ricerca interiore da vita a quello che Strasberg chiama “diario del personaggio”.

 

 

 

 

L’utilizzazione di questo “diario” giunge a mettere in crisi la funzione centrale del testo e dell’autore.

la compagnia del teatro dell’arte di Mosca diretta da Stanislavskij

In fondo l’intero metodo di questa prima tecnica psicoscenica, nato per il Teatro dell’Arte di Mosca e per le commedie di Cechov, ha in realtà dato i suoi risultati più eclatanti nei prodotti dell’industria cinematografica, all’interno dello star system hollywoodiano.

 

il grande attore americano Steve Mc Queen

E’ per questo che ancora oggi, quando guardiamo un’interpretazione di Marlon Brando, di Walter Matthau, di Steve Mc Queen o di Jack Nicholson, riconosciamo in quel modo di esprimersi, qualcosa di molto vicino al vero.

 

 

 

 

Lo Studio Zagreus, infatti, è aperto a tutti quelli che vogliano scoprire le proprie capacità espressive per metterle in pratica sia su un palcoscenico che nella vita di tutti i giorni.

Tutti possono frequentare i corsi, anche quelli che non diventeranno attori, ma che vogliono vincere timidezze e reticenze e arrivare ad avere una maggiore conoscenza della propria voce, del proprio corpo e della propria personalità.

Scopriti attore, scopri te stesso

I grandi maestri della scena, come Copeau, Stanilslavskij e  Brecht, hanno creato  proprie scuole che ispirassero a criteri uniformi la recitazione della loro compagnia. Queste scuole hanno portato un ulteriore contributo alla confusione delle lingue teatrali. A maggior ragione oggi le reti di comunicazioni interconnesse, i  film, ma anche i grandi spettacoli trafitti dai laser, microfonati, contrappuntati da  effetti speciali, digitalizzati,  propongono cosiddette  realtà completamente ridisegnate al computer, svuotano l’edificio teatrale di ogni sua funzione. Quello che rimane è solo ostentazione, divertimento superfluo, pura strumentalizzazione. In platea siede uno spettatore frastornato e distratto, smaliziato e perplesso. Sulla scena l’attore  non crede di essere, pensa soltanto ad apparire, sballottato fra teoria  e prassi  ricaccia dentro sé stesso interrogativi e incertezze,  in qualche modo si arrangia.

Ma così la comunicazione si interrompe, si spezza quel legame  che da tempi immemorabili  ha unito una civiltà teatrale  con la sua matrice mitica e rituale. E’ necessario tornare ad esplorare  tutti i campi della vita teatrale, dalla recitazione al movimento, dalla musica al canto, al mimo, alla danza, non solo per farli tornare a convivere,  così com’era nel teatro totale, ma per vivificarli attraverso una tecnica psicoscenica che sia in grado di riscoprire la sede nativa di ogni evento teatrale: l’interiorità dell’uomo. Il teatro è e deve rimanere un atto di fondazione ontologica, un atto di conoscenza. Identità ed autoconoscenza: parafrasando il maestro Fersen, il teatro come il rito dona all’uomo  l’esperienza di far parte di un insieme e situa questo insieme  in una visione mitica del mondo. Solo così si mitiga l’angoscia del non essere.

Lo Studio Zagreus, infatti, è aperto a tutti quelli che vogliano scoprire le proprie capacità espressive per metterle in pratica sia su un palcoscenico che nella vita di tutti i giorni.

allievi del corso di teatro